Nel 1985, Ronald Reagan si apprestava a vincere il suo
secondo mandato.
Nel Giugno del 1984, Bruce Springsteen aveva fatto uscire il
suo 7° album, "Born in the USA", trasformando sostanzialmente la
sua immagine al di fuori dei confini nazionali, da musicista per intenditori e
appassionati, alla più grande rock star internazionale in quegli anni: una
forma di rock star così vicina al termine pop star della metà degli anni '80,
da raccoglierne anche il suo significato più deteriore.
Di fatto, la stragrande maggioranza del pubblico fuori dagli
Stati Uniti ha conosciuto Springsteen e si è fatta un'idea sulla sua musica,
con quell'album e fu solo dopo Born in the USA che cominciò a riempire gli
stadi al di fuori degli Stati Uniti: un concerto come quello tutto esaurito di
San Siro nell''85, due anni prima non sarebbe stato neppure immaginabile.
All'apice del successo di quell'album, Ronald Reagan pensò
bene di tentare di utilizzare il singolo "Born in the USA" per la sua
campagna di secondo mandato, di fatto cercando di sfruttarne la potenza
coinvolgente e apparentemente patriottica, senza aver compreso (e
forse neppure ascoltato) il significato tragico di quel testo.
Springsteen naturalmente gli negò l'uso del brano, ma Reagan
si espresse comunque: "America's future rests in a thousand dreams
inside your hearts; it rests in the message of hope in songs so many young
Americans admire: New Jersey's own Bruce Springsteen. And helping you make
those dreams come true is what this job of mine is all about."
Pochi giorni dopo arrivò la risposta di Springsteen introducendo
Johnny 99 in un concerto a Pittsburgh, un brano sulla disoccupazione e la
violenza che genera: "The President was mentioning my name the other
day, and I kinda got to wondering what his favorite album musta been. I don't
think it was the Nebraska album. I don't think he's been listening to
this one."
In pochi infatti sapevano che il brano Born in the USA Springsteen
l'aveva scritto nel 1981 e sarebbe dovuto rientrare nella selezione dell'album
Nebraska uscito nel 1982: il suo disco più cupo, duro ed intimista; senza
nessuna speranza nei testi così come nelle sonorità.
Lo registrò da solo, nella sua cucina, con un
multitraccia portatile a 4 piste e venne messo su vinile letteralmente
così come era nato.
Nelle parole di Springsteen: "Born in the U.S.A. is about "a working-class man" in the midst of a spiritual crisis, in which man is left lost... It's like he has nothing left to tie him into society anymore. He's isolated from the government. Isolated from his family... to the point where nothing makes sense... Promotes the fact that the endless search for truth is the true American way"
Nebraska lasciò senza fiato tutti quelli che lo seguivano, anche perchè totalmente imprevisto, dopo le sonorità debordanti del precedente album doppio di The River.
Fu con Nebraska che Springsteen fece capire chiaramente che non era il pubblico a governare le sue scelte musicali.
Oggi è la giornata giusta per riascoltare la versione originale di Born in the USA.
Tutto il disco Nebraska andrebbe riascoltato ogni tanto e
andrebbero riletti i suoi testi, per comprendere la grandezza di questo
musicista.